mercoledì 14 novembre 2012

Annunciazione! Annunciazione! La Smorfia


Non è cinema, non è una serie TV. Ma è cabaret.
E mi chiederete, perché parlarne su questo blog? Guardate la fotografia. Guardatele bene quelle tre facce. La risposta è lì.
La Smorfia è un pezzo importante della comicità italiana. Quella comicità un po' nazional-popolare un po' amara, che prendeva in giro tutto e aveva un leader molto nascosto, come disse Enzo Decaro tempo fa, un Pulcinella dinoccolato che sarebbe diventato il nostro Massimo Troisi.
Tre ragazzi napoletanissimi, negli anni Settanta, appassionati di teatro, intrattenitori nati, decidono di tentare la carriera artistica. Lavoro non ce n'era, tanto valeva inseguire i sogni.
Nati come I Saraceni, cambiano nome scegliendo La Smorfia, omaggio alla tradizione napoletana e anche alle smorfie degli attori per esprimere delle emozioni.
Il loro cabaret, travestito da teatro con i loro atti unici, è non sense e metafisico, basta ricordare il fantasioso minollo ne La fine del mondo o l'immaginario oggetto pesantissimo che Lello Arena trasporta nello sketch Tra tutte te. Un repertorio che "ruba" a Scarpetta, ai De Filippo e all'intero teatro napoletano, riprendendo anche Fo e Viviani. Poi i tre lo trasformano, lo parodizzano e ci aggiungono gli ingredienti segreti: il carisma di Massimo, la mimica di Lello e la bellezza di Enzo. Metteteci la bravura di tutti e tre, ed era impossibile che non avessero successo.



Quando l'avventura Smorfia finisce, io dovevo ancora nascere.
Ma, almeno al Sud, è impossibile non conoscere i loro sketch.
Napoli e quell'Italia di cui parlavano, oggi sono quasi le stesse. E come loro non ce ne sono stati altri.
Lello e Massimo si conoscono da ragazzini, decidono di fare sul serio, li raggiunge Enzo e cominciano ad esibirsi nell'hinterland napoletano. Poi approdano al Sancarluccio di Napoli e da lì, Roma e la TV. Gli anni d'oro sono il 1978 e il 1979, in TV con Non Stop e poi Luna Park di Pippo Baudo. Ovunque nei teatri fanno il tutto esaurito, espugnando addirittura la <<fossa dei leoni>>: lo Smeraldo di Milano. 



Quell'italiano napoletanizzato, quelle battute fulminanti e smozzicate, il sovvertimento dei meccanismi scenici con solo dei pannelli richiudibili che fungevano da scenografia e qualche accessorio che rappresentava l'intero costume del personaggio interpretato, tutte caratteristiche che rendono La Smorfia un trio irripetibile.



E ora spazio al cabaret. Due sketch da one man show per Massimo Troisi:

Il pazzo:


Napoli:



Potevano mancare?

La Natività:



San Gennaro:



Il cabaret secondo Lello:

Cabaret:



Ed infine, la dolce Ketty:



San Gennà, ma com'è che le cose belle finiscono sempre troppo presto?


INCURSIONI CINEMANIACHE

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