sabato 29 marzo 2014

Recensione Flash: Tutta colpa di Freud


Anno e Nazione di Produzione: Italia 2014

Distribuzione: Medusa

Durata: 120 minuti

Genere: Commedia

Cast: Marco Giallini, Vittoria Puccini, Anna Foglietta, Laura Adriani, Claudia Gerini, Vinicio Marchioni, Alessandro Gassmann, Daniele Liotti, Giulia Bevilacqua, Maurizio Mattioli, Edoardo Leo, Gianmarco Tognazzi

Regista: Paolo Genovese

Francesco è un'analista e papà - chioccia di tre figlie esuberanti. L'uomo le ha cresciute da solo ed è molto protettivo, ha sempre cercato di evitare loro delusioni e illusioni, dimenticando ovviamente se stesso e la possibilità di rifarsi una vita. Quando Sara, omosessuale, torna da New York dopo la rottura con la fidanzata, decisa a cambiare orientamento sessuale, Marta, libraia, capisce che i furti nel suo negozio sono da imputare ad un ragazzo molto interessante ma sordomuto e la diciottenne Emma, invece, gli presenta il fidanzato cinquantenne e sposato (con una donna di cui lui è invaghito), Francesco viene travolto e stravolto come sempre dalle sue ragazze, tra equivoci, sedute d'analisi famigliari e l'happy end.
Paolo Genovese dopo Immaturi e il più recente Una Famiglia Perfetta torna al cinema con un'altra commedia che fa l'occhiolino a quelle brillanti americane, infatti il film ha qualche vaga somiglianza con Perché te lo dice mamma con Diane Keaton. Comunque, somiglianze a parte, è un bel film con un cast affiatato e che funziona alla perfezione.
Storia frizzante e allegra che lancia qui e là qualche messaggio importante e battute divertenti nonostante qualche dialogo in cui il regista ha voluto rincorrere a tutti i costi l'effetto comico. Io adoro Marco Giallini quindi sono di parte e penso che sia uno degli attori più sottovalutati del cinema italiano perché è capace di passare dalla risata al dramma con grande naturalezza. Il "suo papà" mi è piaciuto molto e insieme ad Anna Foglietta penso siano quelli che spiccano di più nel cast, a seguire Vinicio Marchioni e Vittoria Puccini. Divertenti e stralunati Gassmann e Gerini.
Una commedia semplice e forse un po' prevedibile, ma il bello di queste commedie è la sicurezza del lieto fine. Per l'incertezza basta la vita reale.

Il trailer:



Consigliato: Sì


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giovedì 27 marzo 2014

Recensione Flash: I Segreti di Osage County


Anno e Nazione di Produzione: USA 2013

Titolo Originale: August: Osage County

Distribuzione in Italia: BIM

Durata: 119 minuti

Genere: Drammatico

Cast: Meryl Streep, Julia Roberts, Ewan McGregor, Abigail Breslin, Benedict Cumberbatch, Margo Martindale, Chris Cooper, Juliette Lewis, Dermot Mulroney, Julianne Nicholson, Sam Sheperd

Regista: John Wells

Beverly e la moglie Violet sicuramente non sono mai stati una coppia normale: alcolista lui e dipendente da farmaci lei. Le figlie hanno da sempre dovuto far i conti con genitori così impegnativi e ripiegati su se stessi e i loro problemi. Quando Violet si ammala di cancro alla bocca, la situazione precipita e Beverly, già provato nell'animo e fragile, scompare abbandonando la moglie e la vita. Dopo la morte dell'uomo, tutti si riuniscono a casa Weston, nel caldissimo Oklahoma, per commemorare la perdita. Ma ben presto la riunione di famiglia si trasforma in un'accesa resa dei conti.
Il film di John Wells è tratto dall'opera teatrale di Tracy Letts, e del teatro conserva le pause, le atmosfere e i monologhi solitari e taglienti delle due protagoniste principali, Meryl Streep e Julia Roberts. Entrambe le attrici hanno ricevuto le nomination agli Oscar di quest'anno, e io dico meritatissime: la Streep incanta con lo sguardo perso e la cattiveria "tossica" della sua Violet, invece la Roberts si tuffa in un ruolo impegnativo e riesce benissimo a tenere testa alla Streep.
Segreti, bugie, tradimenti vengono a galla nel caldissimo salotto dei Weston, soffocando quel po' di affetto rimasto in famiglia. Imperdibile per un'altra magistrale prova d'attrice della Streep e per quella della Roberts, ma il film lascia con l'amaro in bocca per le aspettative deluse di commedia nera che, invece, verte a dramma prevedibile.

Il trailer:


  

Consigliato: Nì

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martedì 25 marzo 2014

Recensione Flash: Thor: The Dark World


Anno e nazione di produzione: USA/ISLANDA 2013

Distribuzione in Italia: Walt Disney

Durata: 112 minuti

Genere: Fantasy/Fantascienza

Cast: Chris Hemsworth, Natalie Portman, Tom Hiddleston, Stellan Skarsgard, Anthony Hopkins, Kat Dennings, Idris Elba, Jaimie Alexander, Christopher Eccleston, Adewale Akinnuoye-Agbaje, Ray Stevenson, Zachary Levi, Rene Russo, Tadanobu Asano, Chris Evans, Benicio Del Toro (cameo)

Regista: Alan Taylor

Il dio norreno più amato torna, dopo tre anni, sul grande schermo in un film dedicato interamente a lui.
Thor: The Dark World è il secondo film Marvel (il primo è stato Iron Man 3) che mostra gli eventi successivi a New York, visti in The Avengers, e soprattutto, che prepara la strada verso The Avengers: Age Of Ultron, insieme a Captain America: The Winter Soldier, in uscita domani al cinema.
Come appunto nel terzo film dedicato al mitico Tony Stark, anche nel sequel di Thor, stavolta non più diretto da Kenneth Branagh ma da Alan Taylor, osserviamo quali ripercussioni ci siano state in seguito alle folli azioni dello spietato Loki, ora in cella di isolamento ad Asgard, uno dei nove mondi esistenti nel quale vive la razza sovraumana di Thor, un tempo venerata dagli umani di Midgard (la Terra) come Dei.
Dopo il tentativo fallito di conquista di Midgard da parte della razza aliena dei Chitauri, per fare in modo che Loki potesse governare la Terra come re supremo, nella continua smania di potere, alimentata dall'invidia nei confronti del dio del tuono, suo fratellastro, le altre razze aliene e mutanti, tra i quali spiccano i Marauders, hanno cercato di invadere e distruggere gli altri mondi esistenti, e solo grazie all'intervento di Thor e dei suoi fidi amici, i Tre Guerrieri, la pace sta tornando man mano a regnare.
Tuttavia, Jane Foster, la scienziata umana innamorata e ricambiata da Thor due anni prima, quando il giovane ed arrogante principe asgardiano era stato bandito sulla Terra per imparare l'umiltà e l'altruismo, trova, per puro caso, un mondo parallelo, il cui portale è celato in un edificio abbandonato a Londra (incredibile ma vero, in questo film la città terrestre protagonista della storia è Londra e non una qualsiasi delle città americane!), nel quale è stato segregato l'Aether, una delle cinque Gemme Dell'Infinito (un'altra è il famoso Tesseract), in grado di trasformare la materia rendendola oscura e malefica, che venne usata millenni prima da Malekith, l'antico leader degli Elfi Oscuri, per tentare di riportare l'universo alla sua forma primordiale, prima del Big Bang e della nascita dei nove mondi, ovvero nell'oscurità più totale. Solo grazie a Bor, padre di Odino e nonno di Thor, tale minaccia venne sventata e l'Aether nascosto sulla Terra.
Per questa ragione, in seguito a tale ritrovamento, Malekith, rimasto in letargo nell'universo per secoli, si risveglia e parte alla ricerca della gemma amorfa, al fine di concludere ciò che era stato iniziato tempo prima e vendicarsi finalmente degli asgardiani.
Di fronte a questa incredibile ed implacabile minaccia, Thor tornerà da Jane, trovando finalmente il pretesto per rivedersi, dato che Odino aveva proibito a suo figlio ogni tipo di relazione con lei, per via delle differenze tra le due razze, prima fra tutte la breve vita degli umani e la longevità degli asgardiani, e dovrà fare affidamento sull'alleato più improbabile che ci sia, l'unico in grado di aiutarlo: proprio il suo fratellastro Loki.
Riusciranno ad evitare che i mondi tornino a vivere nel caos, o periranno nell'impresa?
Rispetto al primo film ci sono, ovviamente, varie differenze, le quali, a mio parere, rendono questo sequel bello alla stessa maniera del capitolo precedente, ma in maniera diversa.
Se nel primo si può osservare la crescita e la maturità di Thor, nel secondo si può vedere come questa maturità lo abbia reso più forte e saggio di fronte ai rischi, a tal punto da divenire, forse, anche più saggio di suo padre Odino, noto per antonomasia come il dio della saggezza, tra i suoi vari pregi.
Un film quindi da non lasciarsi sfuggire, anche grazie ai siparietti comici di Darcy, la stramba stagista di Jane, e soprattutto del dottor Selvig che, come i fan ricorderanno, era stato posseduto da Loki in The Avengers tramite il Tesseract ed ora ne sconta gli effetti collaterali davvero esilaranti!
Oltre a tutti questi motivi, Thor: The Dark World va visto anche per la stessa ragione per cui doveva essere visto il suo prequel, ossia la continuità nella timeline Marvel per essere preparati a ciò che ci riserverà The Avengers: Age Of Ultron, in uscita il 1° maggio 2015.
Vi lascio dunque con il trailer e con un piccolo promemoria: come in ogni pellicola Marvel, nei titoli di coda del film ci sono stavolta non una, ma ben due scene speciali, tra le quali, a mio parere, la più interessante è quella in cui appare il mitico Benicio Del Toro, nei panni del Collezionista (apparirà anche in Guardians Of The Galaxy, il film dedicato al comico quartetto di supereroi, definibili come gli Avengers della galassia, in arrivo il 22 ottobre 2014 in Italia), mentre la più divertente è la seconda, proprio al termine di tutti i titoli.
Buona visione!

Il trailer:


Consigliato: Sì

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venerdì 21 marzo 2014

Recensione Flash: Mandela - Long Walk to Freedom


Anno e Nazione di Produzione: Gran Bretagna, Sudafrica 2013

Genere: Biografico

Durata: 146 minuti

Cast: Idris Elba, Naomie Harris, Tony Kgoroge, Terry Pheto, Riaad Moosa, Zolani Mkiva

Regista: Justin Chadwick

Primi Anni Sessanta, in un Sudrafica lacerato dall'apartheid e dai crescenti dissapori tra afrikaner e popolazione di colore, il giovane avvocato Nelson Mandela inizia ad ispirare una lotta forte e difficile da mettere a tacere, decidendo di vivere nella clandestinità e sacrificare i suoi affetti. Quando le proteste e le offensive dell'ANC, il Congresso Nazionale Africano in cui milita Madiba, verso i bianchi aumentano, la situazione in Sudafrica diventa insostenibile, sfociando in guerriglie e vittime. Mandela, insieme ad altri che lottano contro la supremazia bianca, viene arrestato, processato e condannato all'ergastolo nella prigione sull'isola di Robben Island. Il carisma e la forza di Mandela non verranno dimenticati dal popolo che lo eleggerà, dopo ventisette anni di carcere, presidente della Repubblica Sudafricana.
L'attesissimo nuovo biopic su Nelson Mandela non ha ancora un distributore in Italia, quindi ancora nessuna data di uscita nelle nostre sale. Nel frattempo vi anticipo che le interpretazioni di Idris Elba e Naomie Harris sono eccezionali, protagonisti carismatici che fanno percepire allo spettatore la forza, la tenacia e gli ideali dei due leader del Sudafrica contemporaneo, Mandela e l'ex moglie Winnie.
Il film, tratto dall'autobiografia dell'ex presidente sudafricano, ripercorre gli anni difficili e dolorosi che Madiba e il suo paese hanno dovuto affrontare prima di approdare alla pace. Non solo il Mandela pubblico, ma soprattutto il Mandela privato, e provato, quello lontano dagli affetti più cari cui poteva essere vicino solo col pensiero.
Toccanti le molte scene che hanno fotografato un paese in lotta, apparentemente senza fine.
Justin Chadwick ha volato basso, attenendosi ai canoni del biopic, senza aggiungere nessun guizzo di originalità o passione per animare una storia già grande ma poco valorizzata e strutturata a livello di trama.

Il trailer: 



Consigliato: Nì


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giovedì 20 marzo 2014

The Journey For Glory Begins: Black Sails


Vi siete mai chiesti cosa accadde prima degli eventi de L'Isola Del Tesoro, il romanzo capolavoro di Robert Louis Stevenson? Non vi siete mai chiesti da dove provenisse quell'immenso tesoro che è appunto il fulcro di tutta la narrazione, attorno alla quale aleggiano da una parte Jim Hawkins e i distinti gentiluomini inglesi che lo appoggiano, mentre dall'altra vi sono il temibile Long John Silver e la sua furente marmaglia di pirati, un tempo guidati dal leggendario capitano Flint?
Ad essere sincero, nonostante non sia riuscito a finire di leggere tutto il libro ma conoscendo comunque la storia, grazie a varie miniserie TV e film, me lo sono proprio chiesto.
Ebbene, la Starz, TV a pagamento americana nota per i suoi tantissimi telefilm epici, il più delle volte in costume, come Da Vinci's Demons, I Pilastri Della Terra e vari altri di cui vi abbiamo già parlato in precedenza, ha cercato di dare una risposta tramite Black Sails, serie che fa da prequel alle avventure del libro di Stevenson e tenta di far luce sugli eventi che porteranno poi alla spasmodica ricerca del mitico tesoro trafugato dai pirati di Flint e poi celato da Flint stesso e da un pugno di uomini fidati in un'isola misteriosa.
Il risultato è davvero interessante.


Negli otto episodi che compongono la season 1 (è già stata confermata per inizio 2015 la season 2, con 10 episodi), il capitano Flint (interpretato da Toby Stephens, figlio della grande Maggie Smith) comanda la Walrus (nominata varie volte nel romanzo originale), una delle navi pirata più temute dei Caraibi, usando come base dei suoi affari l'isola di New Providence (la cui capitale è Nassau, all'epoca uno dei centri più attivi per quanto riguarda la presenza di pirati).
Tutto ha infatti inizio durante una delle incursioni di Flint e la sua ciurma contro un cargo mercantile, all'apparenza un semplice vascello commerciale, sulla quale viaggia un giovane marinaio di nome John Silver.
Gli uomini di Flint vanno all'arrembaggio, mentre il loro capitano va alla ricerca di un misterioso diario del capitano, e nello specifico, di una pagina in particolare. Una pagina che si rivelerà essere stata strappata in precedenza. Dopo numerose peripezie e guai, Flint ed il suo secondo, Gates, scopriranno che la pagina è stata trafugata da John Silver stesso per salvarsi la pelle e cercare di rivenderla al migliore offerente con l'aiuto di Max, una prostituta di Nassau.

Da sinistra a destra: John Silver, Gates e Flint
Di fatto, la preziosissima pagina riporta tutti gli spostamenti futuri dell'Urca de Lima, un maestoso vascello spagnolo che trasporterà un'ingentissima quantità di oro, valutabile intorno ai 5 milioni di pesos (da qui si capisce che questo sarà il tesoro nascosto dell'opera di Stevenson).
Flint vuole quella pagina perché, tramite il tesoro spagnolo, potrà offrire un nuovo inizio per tutta New Providence, dopo la dichiarazione di guerra dei pirati contro il mondo, e nello specifico, contro la Compagnia delle Indie, che li ha ufficialmente dichiarati fuorilegge e nemici della società civilizzata.
Ma il problema è che il miglior offerente ricercato da Silver e Max non aspetterà molto per farsi avanti: è il terribile Charles Vane, mitico capitano della Ranger, appoggiato dal suo vice, Jack Rackham, ai più noto come Calico Jack, e da Anne Bonny, tutti e tre pirati realmente esistiti.

Da sinistra a destra: Jack, Vane e Anne
I due capitani, da sempre rivali, dovranno quindi essere ammansiti da Eleanor Guthrie, figlia del signor Guthrie, il primo commerciante del mercato nero di New Providence.


La giovane, forte e determinata nel voler portare avanti gli affari del padre in completa libertà, senza il controllo costante della Compagnia delle Indie, dovrà quindi cercare un punto di accordo tra i due rivali (anche perché, come se non bastasse, la ragazza è la vecchia fiamma di Vane), per far sì che il sogno di Flint di salvare l'isola diventi realtà, poiché solo con due navi l'impresa contro l'Urca de Lima potrà avere successo.


Ma la missione sarà continuamente costellata da intrighi, ostacoli e guai di ogni sorta, durante i quali verranno man mano fuori le intenzioni del furbissimo ed ambizioso John Silver e, soprattutto, gli oscuri intenti di Flint, capitano davvero carismatico ma, al tempo stesso, implacabile con chiunque tenti di minare la sua autorità.
Tra quelli che si arrischieranno a scoprire tali terribili verità, spiccherà il giovane quartiermastro della Walrus, Billy Bones (chi conosce la storia de L'Isola Del Tesoro, sa già di chi sto parlando), personaggio-chiave interpretato da Tom Hopper (il possente Sir Parsifal del mitico Merlin della BBC).


Nonostante tutti i problemi e le incognite di un'impresa così ardita, cosa accadrà? Flint riuscirà a raggiungere i propri scopi, nonostante le numerose insidie lungo il cammino verso la gloria? L'isola di New Providence riuscirà a preservare il suo libero commercio, senza finire nelle grinfie della Compagnia delle Indie?


Come già detto prima, questa serie si è rivelata essere davvero interessante e magnifica sotto vari punti di vista.
Sarà che io sono di parte perché mi hanno sempre intrigato le vicende piratesche, ma ciò che di sicuro può colpire di più gli spettatori è sicuramente il fatto di vedere un prodotto in cui i pirati si comportano esattamente come facevano le loro controparti reali di 300-400 anni fa: duri, crudeli, spietati, lascivi e amanti della bella vita e delle avventure in mare. Quindi personaggi totalmente diversi da quelli favoleggiati, ad esempio, nel franchise di Pirati Dei Caraibi, apprezzato comunque per aver riportato in auge il genere piratesco in maniera molto originale.
C'è anche da dire che questo realismo è divenuto oramai una delle chiavi di volta che portano una serie TV verso il successo e l'apprezzamento da parte di chi si trova dall'altro lato dello schermo. Di fatto, serie come Spartacus, Il Trono Di Spade, Vikings hanno spazzato via la tipica dicotomia bene-male, secondo la quale i buoni hanno sempre la meglio sui cattivi, portando invece alla luce personaggi ambigui, caratterizzati sia da luce che ombra, che devono fronteggiare i loro demoni interiori e decidere da che parte stare, mostrando, inoltre, come altro punto a loro favore, un'accuratezza storica (salvo per i prodotti di genere fantasy chiaramente) che lascia pochi dubbi su come si vivesse in quelle epoche.
Dunque, oltre alle tipiche avventure marinaresche dei pirati, visibili in qualsiasi altro film o miniserie TV di questo genere, sono proprio queste le caratteristiche vincenti di Black Sails, serie prodotta, tra l'altro, dall'amato/odiato regista Michael Bay, finora cimentatosi in generi completamente differenti, come la fantascienza.
Per ora non si sa ancora quando la season 1 approderà in Italia, ragion per cui è meglio buttarsi sulla visione in streaming sottotitolato in italiano. Come sempre, non ve ne pentirete!


Qui in basso troverete il trailer ufficiale della prima stagione.
Vi do appuntamento a gennaio 2015 con l'attesissima season 2!
Ahoy!


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lunedì 17 marzo 2014

Recensione Flash: La Bella e la Bestia


Anno e Nazione di Produzione: Francia, Germania 2014

Titolo Originale: La belle & la bête

Distribuzione in Italia: Notorius

Genere: Fantastico

Durata: 110 minuti

Cast: Lèa Seydoux, Vincent Cassel, André Dussolier, Eduardo Noriega

Regista: Christophe Gans

Un ricco mercante la cui fortuna viaggia per mare, si ritrova povero ed indebitato quando un'intero carico di merci affonda insieme alle sue tre navi durante una tempesta. Costretto a lasciare la città, si rifugia in campagna coi figli, recalcitranti a lasciare i lussi e la bella vita cittadina. Tranne la più piccola, Belle. Una sera, di ritorno dalla città, il mercante si perde nella foresta e giunge in un misterioso castello. Qui incontrerà la Bestia con cui stringerà un patto di morte. Belle però è decisa a salvare il padre, offrendosi a quella creatura che cela una storia che rapirà la ragazza e il suo cuore.
Con un cast d'eccezione e l'enorme affetto del pubblico per il film animato della Disney, il regista Christophe Gans forse pensava di poter bissare al cinema quello stesso successo e ammaliare il pubblico ma l'impresa di eguagliare la magia Disney non è riuscita. Nulla hanno potuto il fascino e la bravura di Lèa Seydoux e Vincent Cassel per nascondere uno sviluppo della storia frettoloso e non accurato. Ciò che ha conquistato gli spettatori del cartone Disney è proprio il graduale sentimento che nasce tra la ragazza e la bestia, colpita da un malvagio incantesimo; affetto che poi nasconde significati e messaggi profondi.
Belli i costumi, le musiche e le scenografie ma ciò che è più importante in un film, ciò che ne decreta il successo, è la concretezza della trama ed è quello che manca nel film di Gans. Inoltre, il regista ha mischiato leggende, fiabe (le due sorelle di Belle ricordano molto le sorellastre di Cenerentola) e storie diverse per ottenere una trama che fosse più spettacolare. In realtà ha ottenuto il risultato contrario relegando attori e storia in un "circo" cinematografico curioso, confuso e prevedibile.
Peccato, un'occasione sprecata.

Il trailer:



Consigliato: No


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Recensione Flash: Lei


Anno e Nazione di Produzione: USA 2013

Titolo Originale: Her

Distribuzione in Italia: BIM

Genere: Commedia

Durata: 126 minuti

Cast: Joaquin Phoenix, Scarlett Johansson, Amy Adams, Rooney Mara, Olivia Wilde, Matt Letscher, Chris Pratt

Regista: Spike Jonze

Theodore Twombly lavora come scrittore per una piccola società online che "vende" lettere scritte su commissione. Solo ed introverso, Theodore dopo la rottura con la moglie Catherine si è chiuso ulteriormente al mondo, rifugiandosi nella sua rassicurante routine e nei pochi amici. Un giorno acquista un OS, un sistema operativo con intelligenza artificiale. Il programma, personalizzabile e intuitivo, diventa per Theodore dapprima un'amica, poi qualcosa di più. Sorpreso e confuso, l'uomo però si lascia andare, corrisposto dall'OS Samantha che lo "guarirà" con i sentimenti più di qualsiasi essere umano in carne ed ossa.
Il film, ambientato in un futuro non troppo lontano quando esseri umani e computer interagiranno grazie all'intelligenza artificiale di cui saranno dotate le "macchine", è sicuramente uno dei più originali degli ultimi anni. Spike Jonze, nel corso della sua carriera, ha abituato il pubblico a sorprendersi e a riflettere, su se stessi e il mondo. In Lei, Jonze tocca tutta la gamma dei sentimenti umani presentandoli e facendoli percepire al pubblico come se fosse la prima volta. Samantha, intelligenza artificiale e quindi per categoria priva di sentimenti, risveglia invece in Theodore quella purezza d'animo che l'uomo ha dimenticato. Colori, parole, la voce di Samantha, che è solo suono e non corpo, danno sostanza alla vita vuota di Theodore facendogli riscoprire la vera dimensione umana. Samantha lo rimette in connessione con se stesso e in pace col passato.
Il film è soprattutto fatto di sensazioni, percezioni, sta allo spettatore volerle assaporare e "assaggiarne" la poesia mandata a memoria chissà quando, forse da bambini, e poi dimenticata.
Meraviglioso Joaquin Phoenix, un camaleonte del cinema che raramente delude. Scarlett Johansson, voce di Samantha, coinvolge e trasmette tanto, sentire per credere! 
Vincitore dell'Oscar e del Golden Globe per la Miglior Sceneggiatura Originale a Spike Jonze e del premio come Miglior Attrice a Scarlett Johansson al Festival di Roma, il film secondo me è da vedere in lingua originale con sottotitoli senza voler togliere nulla al doppiaggio italiano. Colonna sonora degli Arcade Fire, una delle più belle sentite nell'ultimo periodo.
Un grande grazie a Spike Jonze: di film che accarezzano il cuore e lo riempiono ce ne sono sempre meno in giro.

Il trailer:

  
Consigliato: Assolutamente Sì

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sabato 8 marzo 2014

Recensione Flash: Dallas Buyers Club



Anno e Nazione di Produzione: USA 2013

Distribuzione in Italia: Good Films

Genere: Drammatico

Durata: 117 minuti

Cast: Matthew McConaughey, Jared Leto, Jennifer Garner, Denis O'Hare, Steve Zahn

Regista: Jean Marc Vallée


Anni Ottanta. Ron Woodroof, texano, rozzo, cowboy ed elettricista a tempo perso vive la sua vita al massimo tra donne, alcool e droga. Scommettitore truffaldino e sempre al verde, un giorno scopre di avere l'HIV. Il virus, allora poco conosciuto, è una delle principali cause di morte tra omosessuali, tossicodipendenti e libertini, come Ron. Cure efficaci al 100%, negli USA, non erano ancora state messe a punto. Le industrie farmaceutiche, però, stavano testando l'AZT, farmaco approvato anche dal governo americano. Ron comincia a sottoporsi alla sperimentazione, ma il suo quadro clinico peggiora. Inizia a documentarsi, accettare la sua condizione e decide di andare in Messico dove un dottore sembra abbia individuato un mix di vitamine e farmaci molto più efficaci dell'AZT. Ron, arrivato lì allo stremo delle forze, dopo due mesi di cure si riprende. E comprende di voler dare una speranza a tutti i malati di HIV, quelli che il governo ha dimenticato, preferendo compromessi e guadagni con le case farmaceutiche, e che ha già condannato a morte.
Tratto da una storia vera, il film del regista canadese Jean Marc Vallée lo si può definire "da Oscar", forte delle due statuette andate agli attori principali del lungometraggio, Matthew McConaughey e Jared Leto. Il film è un assolo attoriale di McConaughey, attore di commediole ora di film impegnati: con la sua parlata stretta e "ciancicata" da "texano che non deve chiedere mai", Matthew ha sicuramente regalato al pubblico una bella interpretazione, coinvolgente e commovente ma per me non da Oscar. Però si sa, Hollywood è favorevolmente impressionata quando attori e attrici si sottopongono a trasformazioni fisiche (nel caso di McConaughey il dimagrimento di 23 chili, ndr.). Invece, strameritato l'Oscar a Jared Leto, la rockstar con la passione per il cinema. Il suo fragile e tenero Rayon ti rimane dentro ed è difficile dimenticarlo, davvero davvero bravo. Jennifer Garner defilata ma in parte, tiene bene il ritmo del film.
Interessante lo spaccato, sociale, culturale e storico che il film offre, mettendo in evidenza soprattutto gli accordi tra colossi farmaceutici e governo statunitense ai danni di chi era senza difese verso una nuova malattia.
Un percorso di redenzione sicuramente toccante ma che non offre spunti di particolare originalità.


Il trailer:


Consigliato: Si

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lunedì 3 marzo 2014

Oscar 2014: "La Grande Bellezza" della vittoria


La bellezza è il fil rouge che riporta l'Oscar, dopo quindici anni, nel nostro paese: dopo La Vita è Bella di Roberto Benigni, La Grande Bellezza di Paolo Sorrentino torna a far sognare l'Italia e a darle un posto di prestigio nella cinematografia mondiale. Il film ha già fatto incetta di premi come Golden Globe e Bafta ma l'Oscar è la consacrazione definitiva per un film bello, poetico e spietato.
Molti critici hanno scritto che il regista napoletano avrebbe vinto l'Academy perché gli americani hanno amato il declino folcloristico della società italiana narrato da Sorrentino: nonostante nel corso di questi mesi tutti abbiano messo in evidenza proprio questo aspetto, io continuo ad affermare che il film si focalizza sulla bellezza di una città e sulla bellezza di un'anima, quella del protagonista Jep Gambardella, in rinascita. Se vogliamo parlare di declino, sicuramente non è quello che colpisce le persone normali perché i protagonisti de La Grande Bellezza sono tutto fuorché normali.
Comunque un premio davvero meritato, non solo da cast e regista, ma dal nostro paese. Orgoglio per il quindicesimo Oscar che l'Italia incassa e che afferma a tutto il mondo l'eccellenza del nostro "artigianato" cinematografico, tutto cuore e potenzialità. Si perché i soldi mancano, da Stato e quant'altro! Con la speranza che l'Oscar appena conquistato incentivi e incoraggi tutto il cinema italiano. Mitico il discorso di ringraziamento del regista che ha nominato Maradona, Napoli, Fellini, Scorsese e i Talking Heads, un mix eclettico di ispirazioni.
Ok, ho finito con l'italian pride, passiamo all'elenco dei vincitori:

MIGLIOR FILM: 12 ANNI SCHIAVO

MIGLIOR REGISTA: ALFONSO CUARON

MIGLIOR ATTORE PROTAGONISTA: MATTHEW McCONAUGHEY

MIGLIOR ATTRICE PROTAGONISTA: CATE BLANCHETT

MIGLIOR ATTORE NON PROTAGONISTA: JARED LETO

MIGLIOR ATTRICE NON PROTAGONISTA: LUPITA NYONG'O

MIGLIOR FILM STRANIERO: LA GRANDE BELLEZZA

MIGLIOR SCENEGGIATURA ORIGINALE: SPIKE JONZE PER HER

MIGLIOR SCENEGGIATURA NON ORIGINALE: JOHN RIDLEY PER 12 ANNI SCHIAVO

MIGLIOR FILM D'ANIMAZIONE: FROZEN


Ok, sicuramente siamo tutti incazzati come iene per la mancata vittoria di Leonardo DiCaprio, se qualcuno avesse mai avuto dubbi sull'antipatia dell'Academy nei suoi confronti ora non può più rifiutare la realtà! Scherzi a parte, Leo è ancora una volta messo da parte nonostante la sua bravura sia riconosciuta a livello mondiale. Quindi Incursioni da un consiglio a mr. DiCaprio: caro Leo sii zen, il mondo sa quanto vali, non è certo quella cavolo di statuetta a dimostrarlo! Il premio di Leo (!!!!) è andato a Matthew McConaughey per il ruolo in Dallas Buyers Club: l'attore dopo le commediole degli inizi ora è diventato interprete impegnato e, ora, glorificato con l'Oscar. McConaughey è stato bravo ma secondo me non tanto da meritare l'Oscar. E sono obiettiva quando lo scrivo, non perché tifassi per Leo. Non meritata, di più, la statuetta vinta da Jared Leto come Miglior Attore Non Protagonista sempre per Dallas Buyers Club: il suo Rayon ti rimane dentro. 
I premi femminili in parte erano facili da prevedere, Cate Blanchett, alla seconda statuetta, (bello il suo acceptance speech sulle donne) è un mostro di bravura e Lupita Nyong'o una bellissima rivelazione in 12 Anni Schiavo. Anche se mi è dispiaciuto per Amy Adams, anche lei come DiCaprio ennesima nomination per una validissima interpretazione ma nessun premio.


E se qualcuno si morde le mani per la mancata premiazione, il regista Steve McQueen sul palco salta per la gioia dopo aver ricevuto, per il toccante 12 Anni Schiavo, il premio come Miglior Film dell'anno. Meritato davvero, un film da non perdere che con Lupita Nyong'o e John Ridley porta a casa ben tre statuette.
Chi ha fatto incetta di premi è stato l'avveniristico Gravity del messicano Alfonso Cuaron, primo latino a vincere il premio come Miglior Regista. Ben sette premi, tutti meritati? Dal punto di vista tecnico, decisamente sì. Non era assolutamente un film semplice da girare. Commovente la dedica di Cuaron alla protagonista Sandra Bullock: "Tu sei Gravity".
Il grande sconfitto dell'86esima edizione degli Academy è sicuramente American Hustle di David O. Russell: 10 nomination, nessun premio. E vogliamo parlare della delusione di cast & crew di The Wolf of Wall Street? Meglio di no.
La conduzione di Ellen Degeneres non ha deluso le aspettative, scoppiettante e vitale come solo la presentatrice sa essere, coinvolgendo il pubblico, scattando selfie con le star e distribuendo pizza, aiutata nientepopodimeno che da Brad Pitt, tra gli ospiti in platea!




Le grandi bellezze del Red Carpet

Semplicità e sobrietà sono state le parole d'ordine del red carpet degli Oscar 2014, vediamo alcuni look:


Lupita Nyong'o non ha sbagliato un solo look in questi mesi di premiazioni per il mondo. Chic e sofisticata anche ieri in Prada.


In rosso Dior l'adorabile Jennifer Lawrence che anche quest'anno non nega al pubblico una caduta, questa volta sul red carpet. Mitica!


Splendida Sandra Bullock nel blu navy di Alexander McQueen.


Un look bon ton in rosa confetto di Giambattista Valli per Penelope Cruz. Che guapa!


Semplice e raffinata Amy Adams, anche lei in blu di Gucci.


Elegante anche Anna Kendrick in Jay Mendel. Però cara Anna quella gambetta alla Jolie ritirala dentro, nun'è cosa per te.

TWO IS MEGL CHE UAN


I Brangelina sono sempre glamour, lei indossava un nude di Elie Saab.


Matthew McConaughey e la moglie Camila Alves (vestita da Gabriela Cadena) hanno provato a oscurare la stella dei Pitt ma Matthew ha toppato sullo smoking, ahimè!

That's it! Appuntamento alla prossima edizione!

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