giovedì 22 gennaio 2015

Una Bi-Recensione Epica: Lo Hobbit - La Battaglia Delle Cinque Armate


Anno e Nazione di Produzione: USA, Nuova Zelanda 2014

Titolo Originale: The Hobbit - The Battle Of Five Armies

Distribuzione in Italia: Warner Bros Italia

Durata: 144 minuti

Genere: Fantastico

Cast: Martin Freeman, Ian McKellen, Richard Armitage, Evangeline Lilly, Cate Blanchett, Luke Evans, Orlando Bloom, Lee Pace, Benedict Cumberbatch, Ken Stott, Graham McTavish, Aidan Turner, Manu Bennett, Billy Connolly, Sylvester McCoy, Christopher Lee, Mikael Persbrandt, Ian Holme, Hugo Weaving, Ryan Gage

Regista: Peter Jackson

Pontelagolungo è colpita dalla furia del drago Smaug, dopo che i nani hanno raggiunto Erebor. Tra morte e distruzione, Bard l'Arciere, richiamando le gesta del nonno, con estremo coraggio, riesce a fermare la catastrofe. Smaug viene ucciso, la notizia si diffonde presto in tutta la Terra di Mezzo. Erebor diventa preda di rivendicazioni da parte di elfi, uomini ma, soprattutto presa di mira da una minaccia nuova. I nani, intanto, sono allo sbando: la febbre dell'oro ha soggiogato Thorin, e la compagnia, senza il suo leader, non sa come reagire al pericolo crescente. Bilbo Baggins, lo hobbit dal cuore grande e generoso, cerca di portare a termine la missione assegnatagli da Gandalf, all'inizio dell'avventura. Gli eserciti sono in marcia, il coraggio sarà l'unica arma efficace.


La recensione di una neo hobbitiana

L'ho scritto già nelle recensioni precedenti: non amo particolarmente il fantasy, anzi. Non ho letto nulla di Tolkien, compreso Lo Hobbit. Quindi, il primo merito del regista Peter Jackson è stato quello di far avvicinare una miscredente del fantasy come me, ad una trilogia che, effettivamente, solo fantasy non è. Mi spiego: lo scrittore, affascinato dal Medioevo e dalle leggende del nord Europa, ha creato questo mondo, la Terra di Mezzo, che tra orchi, troll, hobbit ed elfi è, comunque, molto umano. La Terra di Mezzo, altro non è che una grande, poetica metafora del nostro mondo.
Nell'ultimo capitolo della trilogia, si nota di più: quando Erebor viene ripresa dai nani della compagnia di Thorin, molti sono gli eserciti che si mettono in cammino, con pretese da avanzare sull'oro della Montagna Solitaria. Anche gli esseri più nobili e puri, gli elfi, sono accecati dal rancore e dall'ingordigia. Thorin, invece, come signore assoluto si arrocca nel suo maniero e in una rabbia avara. Umani, troppo umani questi scenari che sono l'ossatura dell'ultimo film de Lo Hobbit.



Ed è stato proprio questo fondo di verità a conquistarmi. Anche gli ideali, puri, di amicizia, lealtà e dovere. Che, in quella forma, ormai, si vedono solo al cinema. Insomma, Peter Jackson mi ha fatto sognare, o meglio, fantasticare, su un mondo (im)possibile nella nostra realtà, al di fuori del cinema.
Normale avere alte aspettative ma, La battaglia delle cinque armate è come doveva essere: equilibrato tra scene di battaglia, comiche e drammatiche, dal giusto ritmo e con dialoghi interessanti. Sui protagonisti, mi ripeto: il film è stato cucito addosso al cast. Tutti straordinari, affiatati, ognuno di loro un tassello insostituibile nel mosaico di Jackson. Commovente l'amicizia tra Bilbo e Thorin.
Peccato solo che i film de Lo Hobbit non abbiano avuto la stessa fortuna de La Compagnia dell'Anello, per quanto riguarda i premi. Ha sofferto della sovraesposizione mediatica della precedente trilogia. Però, non sono solo i premi a fare di un film, un successo. Serve passione, bravura e professionalità. Che ne dite? Penso che la trilogia de Lo Hobbit ne è piena, come le sale ricche d'oro di Erebor.

La recensione dell'esperto

Ebbene, oramai siamo giunti alla fine di questo secondo, magico cammino nelle terre di Arda, il continente creato dalla brillante mente di John R.R. Tolkien quasi cento anni fa.
Prima di tutto, si può ben dire che Lo Hobbit: La Battaglia Delle Cinque Armate è stato l'episodio più travagliato della trilogia per due ragioni: la prima è quella riguardo al cambio della data di uscita, prevista prima per luglio 2014 e poi slittata al 17 dicembre dello stesso anno; la seconda riguarda invece il titolo del film, dato che inizialmente doveva chiamarsi Lo Hobbit: Andata E Ritorno, poi è stato cambiato in Lo Hobbit: Racconto Di Un Ritorno per arrivare, finalmente, al titolo definitivo con cui lo conosciamo! Già questa, secondo me, è stata una battaglia!
Non parliamo poi dell'ennesima, orribile scelta fatta dagli adattatori cinematografici italiani nel tradurre il titolo originale! In tutte le traduzioni ufficiali italiane del libro, la battaglia finale è stata sempre conosciuta col nome di "Battaglia Dei Cinque Eserciti", quindi che cosa mi significa quel "Armate"? E' forse sintomo di troppa pigrizia, dato che è stato semplicemente tradotto l'originale "Armies" in "Armate"?!
Tolto ciò, questo capitolo ha evidenziato, molto più dei due prequels, la veridicità della mia teoria riguardante la suddivisione della storia in tre film per meri scopi commerciali da parte della Warner.
Infatti, citando l'anziano Bilbo in Il Signore Degli Anelli: La Compagnia Dell'Anello, la storia cartacea, come il burro, è stata spalmata su troppo pane: nel secondo film, la "toppa" creata dall'inizio della relazione Kili-Tauriel ha retto bene, nonostante appunto le pesanti critiche di molti fan, io compreso, per via di questo amore del tutto impossibile nella mente e nei progetti di Tolkien.
Il terzo film, invece, risulta essere troppo frettoloso e pieno di gravi lacune. Non è un caso infatti che La Battaglia Delle Cinque Armate sia il capitolo più corto, non solo della trilogia de Lo Hobbit, ma di tutta la saga dedicata alla terra di Arda creata da Peter Jackson.
La durata breve infatti mi ha alquanto colpito e, allo stesso tempo, turbato, perché non presagiva nulla di buono e, puntualmente, la frettolosità di quest'ultimo film, nonché appunto la mancanza di scene-chiave per capire determinate cose hanno lasciato irrisolti numerosi quesiti.
A quel punto, ho reagito con la stessa rabbia di Smaug qui sotto!


Fortunatamente, la gran parte di queste lacune verrà colmata con la Extended Edition del film, in uscita a novembre 2015 con ben 30 minuti di scene extra, in cui assisteremo ai funerali di (SPOILER) Thorin, Kili e Fili, l'incoronazione di Dain come nuovo Re Sotto La Montagna e di Bard come Re di Dale, più scene d'azione con il bistrattatissimo Beorn il Mutapelle, il destino finale dell'Arkengemma (nella versione cinematografica, fanno passare Bard per un ladro!) e molto altro ancora.
In questo caso, non so di chi sia la colpa: di Peter Jackson, che ha fatto scelte sbagliate nell'editing e montaggio finale della pellicola? O della Warner, che ha imposto un limite di durata del film alquanto ristretto?
Non lo sapremo mai, ma è più che ovvio che, a differenza delle Extended Editions degli altri cinque film, in cui possiamo gradire la presenza di scene extra comunque non essenziali ai fini della trama principale, con Lo Hobbit: La Battaglia Delle Cinque Armate sarà necessario vedere la versione integrale per comprendere questioni importanti riguardo il destino di molti personaggi. E non è detto che la vedranno tutti, dato che molti fan non sono propensi ad acquistare o a vedere un film ancor più lungo, se non hanno apprezzato granché la versione ridotta. Un vero peccato.
Ma non prendetemi affatto per un tolkeniano integralista, come già vi dissi nei due anni passati. Le mie critiche negative si concludono qui, perché stiamo comunque parlando di un prodotto della premiata ditta "Jackson & Tolkien"!
Di fatto, vedendolo da un'ottica cinematografica, questo film è godibile e mai lento. Tutti gli attori recitano in maniera egregia (anche Orlando Bloom/Legolas, nonostante l'esageratissima scena del ponte verso la fine del film, tanto da guadagnarsi il famoso meme "Oh guarda, una legge fisica! Devo subito infrangerla!", chi ha visto o vedrà la pellicola capirà!), e anche qui, il collage tra gli avvenimenti de Lo Hobbit e delle Appendici de Il Signore Degli Anelli offre un ottimo mix come solo Peter Jackson può offrirci.
Proprio riguardo gli eventi delle Appendici, una delle scene che ho apprezzato tantissimo è stato il salvataggio di Gandalf a Dol Guldur da parte del Bianco Consiglio.


Magnifica e possente Cate Blanchett, nel ruolo della misteriosa e fortissima Dama Galadriel a confronto con Sauron (in quella scena, l'elfa si infuria, utilizzando la luce della stella di Earendil, alla stessa maniera di come farà poi con Frodo, quando lo hobbit le offre l'Unico Anello in Il Signore Degli Anelli: La Compagnia Dell'Anello, fateci caso), e grandissimi Hugo Weaving e il venerando Christopher Lee che si cimentano (nel caso di Lee ovviamente si tratta di una controfigura, a meno che il caro nonnino "Dracula" non sia ancora tanto arzillo!) in una lotta senza quartiere contro i nove Nazgul! Stupendo!
Ancora, un altro aspetto-analogia con Il Signore Degli Anelli è stato la pazzia di Thorin, colpito dalla "malattia del drago", ovvero la bramosia per l'immenso tesoro accumulato per anni da suo nonno Thror e poi rinsavito per partecipare alla battaglia finale contro il nemico comune, ovvero Sauron e le sue orde, esattamente come accade al povero Boromir, interpretato da Sean Bean, in Il Signore Degli Anelli: La Compagnia Dell'Anello, quando l'Unico Anello lo fa impazzire, cercando di uccidere Frodo, per poi tornare in sé morendo con onore contro l'orda di Uruk-Hai inviati da Saruman. Un'analogia stupenda e bellissima nella quale Richard Armitage dà prova delle sue immense doti recitative. Complimenti vivissimi.


Infine, dopo l'apprezzabile, lunga battaglia alle pendici di Erebor, estesa da Peter Jackson anche alle rovine di Dale, cosa che nel libro non avviene, un'ultima chicca nel "P.J. Style" che fa da ponte con Il Signore Degli Anelli e che ho gradito tanto è quella riguardo il gran dubbio di Legolas sul da farsi e sul come agire per iniziare l'opera di contrasto contro Sauron e i suoi adepti e lo scioglimento di tale dubbio da parte di suo padre, il re Thranduil, con il suggerimento di trovare il ramingo del nord chiamato "Grampasso", ovvero il mitico ed unico Aragorn, futuro re di Gondor, interpretato nella trilogia de Il Signore Degli Anelli da Viggo Mortensen, col quale Legolas stringerà un legame fraterno nel corso degli anni.


Da come avrete sicuramente capito, il mio apprezzamento per questo film si basa soprattutto sugli intrecci e le analogie con la prima trilogia, quella de Il Signore Degli Anelli, proprio perché questa pellicola, comunque molto bella, secondo il mio modesto parere da cinefilo, non regge appunto il ritmo con i primi due film proprio a causa delle suddette lacune colmabili solo con la Extended Edition.
Tuttavia, come già detto altre volte, Peter riesce sempre a fare quello che molti registi non sono in grado di fare, ovvero restare il più fedele possibile alla trama originale, specie nel caso de Lo Hobbit, in cui, insieme alla sua troupe, ha dovuto inventare scene e personaggi extra che molti non hanno apprezzato, proprio perché, secondo me, il progetto originale della suddivisione dell'opera in due adattamenti cinematografici sarebbe bastata. Ma ormai è inutile parlare di ciò che è stato. Pensiamo piuttosto all'enorme sforzo del cast tecnico nell'adattare questo romanzo, con toni molto diversi da quelli più cupi e adulti de Il Signore Degli Anelli, e a come siano riusciti, tutto sommato, a creare una seconda trilogia sulla Terra di Mezzo degna di tale nome.
Ora sorge un grande dubbio: con la stupenda canzone The Last Goodbye, scritta per quest'ultimo film ed interpretata da Billy Boyd, ovvero lo hobbit Pipino nella trilogia de Il Signore Degli Anelli, Peter Jackson sembra essersi congedato col grande pubblico per quanto riguarda gli adattamenti delle opere di Tolkien, dato che appunto il Maestro concesse, prima della sua morte nel 1973, solo i diritti cinematografici de Lo Hobbit e de Il Signore Degli Anelli.
Molti fan, me compreso, da tempo stanno chiedendo al regista neozelandese di cercare di parlare col restio e cocciuto Christopher Tolkien, figlio del Maestro e curatore di tutte le opere postume del padre, per ottenere i diritti per creare una nuova saga basata sul mitico libro Il Silmarillion, vera e propria genesi della Terra di Mezzo, che narra come nacque quel mondo fantastico e di ciò che accade in 5000 anni di storia, racchiusi nelle tre ere antecedenti Lo Hobbit e Il Signore Degli Anelli, o di ottenere almeno il permesso per realizzare un film basato su I Figli Di Hurin, altra opera ambientata nel continente di Arda.
La lotta, se mai ci sarà, sarà molto dura, dato che Christopher, ormai ultranovantenne, non mollerà facilmente l'osso, avendo da sempre disprezzato Peter e i suoi adattamenti, e visto che, molto probabilmente, anche gli altri discendenti di Tolkien, che prenderanno il posto di suo figlio come curatori delle opere del loro antenato, saranno stati già "addestrati" a non cedere alle lusinghe del regista o di chi per lui.
Come dice Aragorn al giovane Haleth in Il Signore Degli Anelli: Le Due Torri: "C'è sempre speranza.", quindi speriamo ed incrociamo le dita.
Intanto, aspetto con trepidazione qualcosa di più concreto, ovvero la Extended Edition del terzo film de Lo Hobbit e vi auguro buona visione e buon viaggio di ritorno a casa insieme al nostro amatissimo Bilbo!



Il trailer:


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