venerdì 27 novembre 2015

Recensione Flash: Taxi Teheran


Anno e Nazione di Produzione: Iran 2015

Distribuzione in Italia: Cinema

Genere: Documentario

Durata: 82 minuti

Cast: Jafar Panahi

Regista: Jafar Panahi

Le restrizioni sono spesso fonte d’ispirazione per un autore poiché gli permettono di superare se stesso. Ma a volte le restrizioni possono essere talmente soffocanti da distruggere un progetto e spesso annientano l’anima dell’artista. Invece di lasciarsi distruggere la mente e lo spirito e di lasciarsi andare, invece di lasciarsi pervadere dalla collera e dalla frustrazione, Jafar Panahi ha scritto una lettera d’amore al cinema. Il suo film è colmo d’amore per la sua arte, la sua comunità, il suo paese e il suo pubblico.

- Darren Aronofsky, regista e presidente Giuria Festival di Berlino 2015

Taxi Teheran è un film che dovrebbero vedere tutti, perché ci ricorda che l'Occidente non è il centro del mondo. Jafar Panahi, pluri-premiato regista iraniano, allievo di Abbas Kiarostami, reagisce così, filmando clandestinamente, alle restrizioni del regime. Le strade che sfilano attraverso i vetri del taxi di Panahi sembrano quelle di una qualunque metropoli occidentale, affollate, caotiche e piene di vita. Invece siamo nell'antica Persia, culla di una delle civiltà più antiche al mondo, ora sotto il regime degli ayatollah. E la presenza della dittatura si avverte, strisciante. 
Vincitore dell'Orso D'Oro alla Berlinale 2015, il regista non ha potuto ritirare personalmente il premio, interdetto a lasciare l'Iran. Arrestato due volte, la prima con moglie e figlio, Panahi non si è fatto mai intimidire dal regime e questo nuovo film ne è una prova, preziosa. Condannato a non girare film per venti anni, Panahi escogita un sistema: far venire il cinema a lui. In un taxi, pone sul cruscotto una piccola telecamera e filma l'umanità che sale e discute con lui di strani e divertenti rituali, di vita, di morte, e del regime.


La cultura, il cinema, tutto deve passare sotto il rigido controllo degli ayatollah. Così, dato che la cultura è libera, trova sempre un modo per fluire: è il caso del venditore di DVD illegali che sale sul taxi del regista. Una passeggera speciale è la nipote di Panahi, ed è proprio il suo arrivo nel viaggio per le strade di Teheran che dà modo al regista di far comprendere allo spettatore straniero cosa significa vivere in una dittatura. La piccola ha un compito da portare a termine: ideare un cortometraggio per un concorso scolastico. Ma ci sono alcune regole da seguire, le regole del regime. "La migliore censura è l'autocensura", legge la bambina allo zio Jafar che, costernato ma non piegato, ascolta quelle assurdità. Ed è la stessa nipote, quando si scontra con l'applicazione di quelle regole nella realtà che comprende, insieme allo spettatore, quanto sia stupido, vuoto ed insensato il regime. Successivamente sul taxi sale un'avvocatessa, conoscente di Panahi che dice, sempre a proposito della dittatura: loro ci spiano, ci seguono ma noi continueremo ad andare avanti per la nostra strada. Il film termina col 'sordido realismo', osteggiato dal regime ma che è ingrediente principale del film di Panahi: il taxi, lasciato momentaneamente incustodito, è preso d'assalto da due poliziotti che sottraggono la telecamera. 
E' un film non film, senza sceneggiatura, una storia narrata da inconsapevoli interpreti. E' uno schiaffo ben assestato a noi paciosi occidentali che sempre sottovalutiamo le nostre libertà. Anzi non sappiamo proprio il significato della parola libertà tanto ne siamo assuefatti. E' cinema, puro e semplice, senza effetti speciali tranne quelli di un uomo di cultura che lotta per il suo paese e la sua gente.

Il trailer:


Consigliato: Assolutamente sì

INCURSIONI CINEMANIACHE, seguiteci su:

Fan Page Ufficiale Facebook

Profilo Ufficiale Twitter

Nessun commento:

Posta un commento